I rifiuti urbani di cui all’allegato L-quater al d.lgs 152 del 2006 prodotti da utenze industriali in aree diverse da quelle produttive e da magazzini (ad es. mense, uffici, ecc.) sono di norma conferiti al gestore del servizio pubblico di raccolta con conseguente applicazione della TARI sia per la quota fissa che per la quota variabile.
Per le attività economiche è possibile scegliere di non avvalersi del servizio pubblico per la gestione di tutti i rifiuti urbani prodotti, e quindi di utilizzare soggetti privati per il recupero di questi rifiuti, comunicandolo al gestore del servizio pubblico di raccolta entro il 30 giugno 2022 (Art. 30, comma 5, del d.l. 22 marzo 2021, n.41 come convertito dalla legge 21 maggio 2021 n. 69), con valenza dall'anno successivo per la riduzione della quota variabile della TARI.
E' opportuno ricordare che, anche qualora si opti per questa possibilità, rimane impregiudicato il versamento della TARI relativo alla parte fissa, con conseguente esenzione della sola quota variabile della TARI applicata alle superfici quali a mense, uffici, ecc.
La scelta di non avvalersi del servizio pubblico ha una durata di almeno 5 anni, fatta salva la possibilità per il gestore del servizio pubblico, dietro richiesta dell'utenza non domestica, di riprendere l'erogazione del servizio anche prima della scadenza quinquennale (art. 238, comma 10, del d.lgs 152 del 2006).
La durata potrebbe essere ridotta a 2 anni secondo quanto riportato nel disegno di legge “Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021” (attualmente il disegno di legge è all’esame della Camera dopo l’avvenuta approvazione del Senato).
Qualora l’impresa decidesse di avviare al recupero, con operatori privati, solo una parte della totalità dei rifiuti urbani prodotti, non è dovuta alcuna comunicazione preventiva, ma sarà possibile richiedere al gestore una riduzione della quota variabile della TARI esibendo, l’anno successivo a quello di competenza, la documentazione richiesta dagli enti competenti che attesti l’avvio a recupero di detti rifiuti. La riduzione della TARI (quota variabile) sarà proporzionale alle quantità di rifiuti avviati a recupero sulla base dei singoli regolamenti comunali.
L’ordinanza del Ministero della Salute del 28 aprile 2022 disciplina dal successivo 1 maggio l’uso delle protezioni delle vie respiratorie per il contenimento del Covid-19 per l’accesso ai mezzi di trasporto, agli spettacoli ed alle strutture sanitarie e RSA.
Per quanto riguarda le attività produttive, dal 1 maggio 2022, decade l’obbligo di possesso della certificazione verde Covid 19 da vaccinazione, guarigione o test antigenico o molecolare (cosiddetto “green pass base”); il decreto legge n. 24/2022 aveva previsto questo obbligo fino al 30 aprile 2022 e il termine non è stato prorogato.
Per quanto riguarda invece le misure di contenimento del Covid 19, già adottate dalle imprese nel corso di questi due anni di pandemia in applicazione del Protocollo condiviso tra le parti sociali, si consiglia di mantenere attive quelle misure che consentono di garantire un’adeguata prevenzione dei contagi nei luoghi di lavoro (mascherine chirurgiche o FFP2 nei luoghi chiusi e condivisi tra lavoratori, distanziamento, aereazione dei locali). Si segnala infatti che il Protocollo anti-Covid non è venuto meno con la fine dello stato di emergenza e va quindi ancora applicato in azienda, pur aggiornandolo all’attuale situazione pandemica, al fine di evitare il più possibile contagi che potrebbero comportare denunce di infortuni sul lavoro.
Le Parti Sociali, nell’incontro tenutosi il 4 maggio 2022, hanno confermato questo orientamento, anche alla luce dell’andamento dell’epidemia. Hanno inoltre programmato un nuovo incontro per metà giugno per rivalutare la situazione ed eventualmente aggiornare il protocollo, che per alcuni aspetti prevede misure ampiamente superate dalla normativa successivamente emanata (ad es. divieto di trasferte, divieto di formazione in presenza, ecc).
In allegato si riporta la tabella riepilogativa delle misure.
Il crescente interesse negli ultimi anni per le condizioni di lavoro all’interno di contesti produttivi, in tutti i settori industriali e di servizi a livello internazionale, in combinazione con la responsabilità amministrativa degli Enti introdotta dal D.Lgs. 231/01 a varie categorie di reati, rende sempre più fondamentale per le organizzazioni dotarsi di sistemi di gestione integrati non solo per la qualità, l’ambiente e la sicurezza, ma anche combinati con modelli organizzativi ai sensi del D.Lgs. 231/01 e con sistemi di gestione ai sensi della SA 8000.
Perché è importante la certificazione etica SA 8000?
L’inclusione di SA 8000 nel sistema di gestione integrato, viene vista dal mercato come un prerequisito per un’azienda che rispetta concretamente i diritti umani e lavorativi dei suoi dipendenti in un paese in cui molte aziende hanno problemi a rispettare le normative e gli standard sui diritti umani stabiliti a livello internazionale.
La nostra mission è quella di accompagnare le aziende in questo percorso di integrazione dei vari sistemi di gestione allo scopo di:
- aumentare la solidità dell’azienda
- implementare un approccio “proattivo” nell’affrontare gli aspetti ambientali, di sicurezza, di qualità, sociali ed economici, in ottica di integrazione con le scelte strategiche e di business aziendali e di miglioramento continuo delle prestazioni
- dare di conseguenza un valore aggiunto e più qualificante per rendere più competitiva l’impresa e farla emergere sul mercato
- estendere i propri requisiti non solo al personale della propria impresa, ma anche a quello impiegato dai propri fornitori e subfornitori: poiché le aziende dipendono da catene di fornitura sempre più complesse e distribuite, è importante fuoriuscire dai propri confini aziendali e disporre di un protocollo di monitoraggio etico per garantire la responsabilità sociale, in modo da proteggere e rafforzare tutto il personale che concorre a realizzare i propri prodotti e/o servizi
- introdurre in parallelo al Modello Organizzativo ai sensi dell’art.30 del D.Lgs. 231/01, anche un Codice Etico che miri a raccomandare, promuovere o vietare determinati comportamenti, indipendentemente da quanto previsto a livello normativo, per dare evidenza del proprio impegno verso tematiche etiche su cui si riscontra una crescente attenzione a livello globale.
L’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), in base a quanto previsto dalla Direttiva Quadro sui rifiuti (Direttiva (UE) 2018/851), ha il compito di sviluppare una banca dati sulle sostanze estremamente preoccupanti (SVHC - Substances of Very High Concern) presenti negli articoli in quanto tali o in oggetti complessi (prodotti).
Questo nasce dalla necessità di promuovere misure per ridurre la presenza di sostanze pericolose in tutti i materiali e prodotti, inclusi i riciclati, e di promuovere la comunicazione di informazioni sufficienti sulla presenza di sostanze pericolose.
Attraverso le informazioni contenute nella Banca dati SCIP, l’ECHA potrà garantire la disponibilità, durante l’intero ciclo di vita dei prodotti e fino alla fase di smaltimento come rifiuto, delle informazioni relative alle sostanze SVHC contenute negli articoli e nei prodotti.
CHI DEVE TRASMETTERE I DATI nella banca dati SCIP
1. Produttori e assemblatori UE
2. Importatori UE
3. Distributori UE di articoli ed altri soggetti che immettono articoli sul mercato
di sostanze in quanto tali, oppure di miscele, oppure di articoli (semplici – cioè non ulteriormente separabili, o complessi – cioè composti dall’assemblaggio di più articoli semplici), che contengano SVHC in quantità superiore allo 0,1% in peso/peso.
Ad esempio:
Le SVHC sono sostanze estremamente preoccupanti per la salute e/o l’ambiente che possono rientrare in queste tre categorie:
La lista ufficiale delle SVHC è nel sito di ECHA al seguente link: ad oggi sono 209, l’aggiornamento è semestrale:
http://echa.europa.eu/it/candidate-list-table
COSA E’ NECESSARIO FARE
Quando una o più sostanze sono presenti nella lista candidata in quantità superiori allo 0,1% in peso/peso scattano gli obblighi di comunicarlo sia al Cliente finale (solo se si tratta di soggetto privato) e alla Banca dati SCIP.
Il limite dello 0,1% peso/peso deve intendersi riferito ad ogni articolo costituente l’oggetto, anche in caso di articolo complesso.
Per chi produce articoli complessi è dunque necessario informarsi a monte e chiedere informazioni tecniche ai propri fornitori sulle sostanze contenute negli articoli (si veda esempio di questionario in allegato), in modo da verificare se si rientri o meno nell’obbligo di procedere con l’iscrizione e la comunicazione alla Banca dati SCIP.
Nel caso si rientri, entro il 05/01/21 è necessario procedere con la comunicazione alla banca dati SCIP iscrivendosi dal portale dell’ECHA:
1. creando un account
2. creando un dossier (IUCLID) relativo all’articolo
3. inviando il dossier e aggiornandolo ad ogni modifica degli articoli/sostanze contenute
Il Decreto legislativo n. 116 del 2020, in vigore dal 26/09/2020, ha apportato numerose modifiche al Decreto legislativo n. 152/2006 cd. “Testo unico ambientale”.
Si riporta un elenco con alcune delle principali novità rilevanti per le imprese:
Conseguenze di tale nuova disposizione (e di altri interventi di modifica effettuati dal d.lgs. n. 116/2020) sono:
- l’eliminazione della categoria dei rifiuti “assimilati agli urbani”,
- i rifiuti elencati nel nuovo allegato L-quater, se derivanti dalle attività elencate nel nuovo allegato L-quinquies, sono rifiuti urbani,
- nell’allegato L-quinquies non sono comprese le attività industriali, che pertanto non producono più rifiuti urbani, ma rifiuti speciali: quindi tutti i rifiuti prodotti dalle attività industriali dovranno essere considerati e trattati come speciali e quindi andranno assoggettati ai vari adempimenti (quali ad es. registro di carico e scarico e formulario di identificazione per il trasporto), se previsti.
Tali disposizioni «si applicano a partire dal 1° gennaio 2021».
Rimane in sospeso la questione di come vadano considerati i rifiuti prodotti dalle aree connesse con le attività industriali in senso stretto (uffici, mense, spogliatoi, servizi igienici, ecc.) che potrebbero sembrare assimilate alle attività in elenco all’allegato L-quinquies e quindi rientrare nel campo dei rifiuti urbani. Si è in attesa di delucidazioni dal Ministero dell’Ambiente.
Le altre condizioni previste rimangono invariate rispetto a prima (ovvero criterio alternativo temporale o volumetrico, divieto di durata del deposito temporaneo superiore ad un anno, modalità di deposito per categorie omogenee di rifiuti, ecc.).
Sono stati integralmente sostituiti l’allegato D («Elenco dei rifiuti») e l’allegato I («Caratteristiche di pericolo per i rifiuti») alla parte IV del d.lgs. n. 152/2006, conformandoli, rispettivamente, alla decisione 2014/955/UE e al regolamento (UE) n. 1357/2014 come integrato con il regolamento (UE) 2017/997.
Dato il disallineamento tra le descrizioni dei codici CER contenute nel d.lgs. 116/2020 e quelle della Decisione UE 955/2014, prima di procedere con l’attribuzione di nuovi codici CER ai sensi del nuovo allegato D, è opportuno mantenere i codici in uso in attesa di delucidazioni dal Ministero dell’Ambiente.
Data l’emergenza di questi giorni, Control Chem decide di continuare ad operare in smart working, mantenendo la massima efficienza anche da remoto per i servizi di:
Rimaniamo a completa disposizione telematicamente via mail, al telefono fisso e al cellulare.
Ricordiamo di seguire il Protocollo aggiornato per la sicurezza nelle aziende del Ministero della Salute, disponibile al seguente link:
Alleghiamo inoltre le prime indicazioni per orientare le aziende nell’interpretazione del Protocollo anti-contagio, sottoscritto dalla parti sociali il 14 marzo 2020 in ottemperanza al DPCM 11 marzo 2020.
Con il Decreto del Presidente della Repubblica del 16 novembre 2018 n. 146, recante esecuzione del regolamento (UE) n. 517/2014 sui gas fluorurati a effetto serra, sono stati abrogati e sostituiti il Regolamento UE 842/2006 e il D.P.R n.43 del 27/01/2012, allineando la normativa nazionale a quella comunitaria.
Una delle principali novità riguarda l’abrogazione dell'obbligo relativo alla comunicazione ad ISPRA, entro il 31 maggio di ogni anno, delle informazioni riguardanti le quantità di emissioni in atmosfera di gas fluorurati: la dichiarazione F-gas relativa alle informazioni 2018 (termine di comunicazione 31 maggio 2019) non dovrà essere pertanto trasmessa ad ISPRA.
Un’altra novità introdotta dal DPR 146/2018 è l’istituzione di una Banca dati sui gas fluorurati, gestita dalle Camere di Commercio, alla quale saranno comunicate tutte le informazioni relative alle quantità di F-GAS vendute e utilizzate. Inoltre, le società e le persone fisiche certificate dovranno comunicare alla Banca dati tutte le informazioni relative alle installazioni, le manutenzioni e lo smantellamento degli impianti che usano F-GAS.
Ai possessori di impianti contenenti F-GAS rimane comunque in capo l’obbligo di far effettuare le manutenzioni periodiche previste.
Il 1° GENNAIO 2019 entrerà in vigore in Germania la nuova legge sugli imballaggi VerpackG che andrà a sostituire l’attuale ordinanza sugli imballaggi (VerpackV) apportando cambiamenti significativi.
La legge si rivolge a tutti coloro che per primi immettono sul mercato tedesco merci imballate destinate all'uso e consumo da parte del consumatore finale privato o alla loro commercializzazione, obbligandoli a ritirare tali confezioni, una volta usate, allo scopo di riutilizzarle o riciclarle.
Quali imballaggi rientrano nel campo di applicazione?
Rientrano in tale ambito le seguenti tipologie di imballaggio:
1) Imballaggi da vendita o primari (es.: prodotti alimentari confezionati, destinati direttamente al consumatore finale)
2) Imballaggi per spedizioni nel caso di acquisti online
3) Sovra imballaggi o imballaggi secondari (che contengono al loro interno più unità di vendita)
4) Imballaggi destinati al riempimento (imballaggi di servizio) da parte del consumatore finale privato al punto vendita (per es. sacchetti per frutta, verdura e per il pane, bicchieri per il caffè d’asporto, coppette per il gelato, involucro per la pizza…)
Sono esenti gli imballaggi di trasporto solo qualora essi rimangano al trasportatore o all’industria dopo aver disimballato la merce. Per tali imballaggi devono adempiere i trasportatori in loco.
Solitamente, sono esenti anche le merci destinate e a industrie e supermercati, in quanto hanno già in essere il loro sistema di smaltimento.
Cosa è necessario fare se si rientra nel campo di applicazione?
Cosa succede in caso di mancato adempimento agli obblighi?
Le sanzioni previste sono severe:
Gli obblighi sopra descritti sono in essere già dal 2009, dal 1° GENNAIO 2019 inizieranno i controlli. Per cui è consigliabile, per chi avesse venduto merce in territorio tedesco già nel corso del 2018 e non avesse ancora adempiuto agli obblighi, di procedere con una sanatoria stipulando un contratto retroattivo per il 2018, effettuando una dichiarazione di fine anno e stipulando un contratto per il 2019.
Il Regolamento UE 997/2017 del Consiglio dell’8 giugno 2017 modifica l’allegato III della Direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio per quanto riguarda l’attribuzione della caratteristica di pericolo HP14 “ecotossico”.
Si applica a decorrere dal 5 luglio 2018.
In sostanza, se prima del 5/7/2018 i criteri per l’attribuzione della caratteristica HP14 dei rifiuti mutuavano i criteri per la classificazione del trasporto in ADR, dal 5/7/2018 è necessario riclassificare i rifiuti pericolosi seguendo il nuovo Regolamento UE 997/2017.
Per adempiere a quanto previsto dalla legge non è necessario ripetere l’analisi di laboratorio dei rifiuti (a meno che non sia scaduta): è sufficiente applicare il nuovo metodo di calcolo previsto dal Regolamento 997/2017*.
Dal 5/7/2018 si potranno dunque verificare le seguenti condizioni:
|
Caratteristica di pericolo rifiuto |
Trasporto rifiuto pericoloso - ADR |
I caso |
HP14 - ecotossico |
Assoggettato all’ADR |
II caso |
No ecotossico |
Assoggettato all’ADR |
III caso |
HP14 - ecotossico |
Non assoggettato all’ADR |
IV caso |
No ecotossico |
Non assoggettato all’ADR |
* Allegato al Regolamento UE 997/2017:
“…Sono classificati come rifiuti pericolosi di tipo HP 14 i rifiuti che soddisfano una delle condizioni indicate di seguito:
- I rifiuti che contengono una sostanza classificata come sostanza che riduce lo strato di ozono con il codice di indicazione di pericolo H420 conformemente al regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, se la concentrazione di tale sostanza è pari o superiore al limite di concentrazione dello 0,1 %.
[c(H420) ≥ 0,1 %]
- I rifiuti che contengono una o più sostanze classificate come sostanze con tossicità acuta per l'ambiente acquatico con il codice di indicazione di pericolo H400 conformemente al regolamento (CE) n. 1272/2008, se la somma delle concentrazioni di tali sostanze è pari o superiore al limite di concentrazione del 25 %. A tali sostanze si applica un valore soglia dello 0,1 %.
[Σ c (H400) ≥ 25 %]
- I rifiuti che contengono una o più sostanze classificate come sostanze con tossicità cronica per l'ambiente acquatico 1, 2 o 3 con il codice di indicazione di pericolo H410, H411 o H412 conformemente al regolamento (CE) n. 1272/2008, se la somma delle concentrazioni di tutte le sostanze della categoria 1 (H410) moltiplicata per 100, aggiunta alla somma delle concentrazioni di tutte le sostanze della categoria 2 (H411) moltiplicata per 10, aggiunta alla somma delle concentrazioni di tutte le sostanze della categoria 3 (H412), è pari o superiore al limite di concentrazione del 25 %. Alle sostanze classificate con il codice H410 si applica un valore soglia dello 0,1 % e alle sostanze classificate con il codice H411 o H412 si applica un valore soglia dell'1 %.
[100 × Σc (H410) + 10 × Σc (H411) + Σc (H412) ≥ 25 %]
- I rifiuti che contengono una o più sostanze classificate come sostanze con tossicità cronica per l'ambiente acquatico 1, 2, 3 o 4 con il codice di indicazione di pericolo H410, H411, H412 o H413 conformemente al regolamento (CE) n. 1272/2008, se la somma delle concentrazioni di tutte le sostanze classificate come sostanze con tossicità cronica per l'ambiente acquatico è pari o superiore al limite di concentrazione del 25 %. Alle sostanze classificate con il codice H410 si applica un valore soglia dello 0,1 % e alle sostanze classificate con il codice H411, H412 o H413 si applica un valore soglia dell'1 %.
[Σ c H410 + Σ c H411 + Σ c H412 + Σ c H413 ≥ 25 %] dove: Σ = somma e c = concentrazioni delle sostanze.”
Tramite il sito dell’ISPRA è possibile effettuare la dichiarazione delle apparecchiature e degli impianti contenenti gas fluorurati a effetto serra per l’anno 2017.
La dichiarazione deve essere fatta dall'operatore (ovvero il proprietario dell’apparecchiatura o dell’impianto o la persona terza da questi delegata per iscritto ad effettuare l’effettivo controllo):
Le apparecchiature e gli impianti oggetto della dichiarazione sono:
contenenti 3 kg o più (pari o superiore a 5 tonnellate o più di CO2 equivalente) di gas fluorurati a effetto serra. L’elenco completo dei gas a effetto serra è riportato in allegato.
Non sono invece oggetto di comunicazione, le apparecchiature e gli impianti contenenti l’HCFC (idroclorofluorocarburi), tra i quali vi è ricompreso anche il gas R22, in quanto sono gas classificati come lesivi per l’ozono e non ad effetto serra.
Oltre agli obblighi di cui sopra, ulteriori obblighi vengono riportati nel secondo allegato alla presente notizia.
SANZIONI IN CAPO ALL’OPERATORE:
1.) Per la mancata predisposizione del registro dei controlli o la tenuta dello stesso in maniera incompleta, inesatta o non riportante tutti i dati previsti:
- dell’apparecchiatura di refrigerazione, di condizionamento d’aria e delle pompe di calore contenenti gas fluorurati a effetto serra;
- del sistema degli impianti fissi di protezione antincendio,
- al Ministero dell’Ambiente, per il tramite dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca dell’ambiente (ISPRA);
e/o
- alla Commissione europea.
È stato pubblicato in Gazzetta il Decreto Legislativo 183/2017, relativo alla limitazione delle emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati da impianti di combustione medi e al riordino del quadro normativo degli stabilimenti che producono emissioni in atmosfera, in attuazione della Direttiva UE n. 2015/2193.
Il decreto è in vigore a partire dal 19 dicembre 2017 e comporta modifiche sostanziali alla parte V del Decreto legislativo 152/2006, detto anche Testo Unico Ambientale.
Di seguito le principali novità di cui tener presente per capire se si rientri o meno nelle disposizioni del decreto 183/2017:
All’articolo 268, comma 1, del D.lgs. 152/2006 è stata introdotta la seguente definizione:
«gg-bis) medio impianto di combustione: impianto di combustione di potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e inferiore a 50MW, inclusi i motori e le turbine a gas, alimentato con i combustibili previsti all'allegato X alla Parte Quinta o con le biomasse rifiuto previste all'allegato II alla Parte Quinta. Un medio impianto di combustione è classificato come:
1) esistente: il medio impianto di combustione messo in esercizio prima del 20 dicembre 2018 nel rispetto della normativa all'epoca vigente o previsto in una autorizzazione alle emissioni o in una autorizzazione unica ambientale o in una autorizzazione integrata ambientale che il gestore ha ottenuto o alla quale ha aderito prima del 19 dicembre 2017 a condizione che sia messo in esercizio entro il 20 dicembre 2018;
2) nuovo: il medio impianto di combustione che non rientra nella definizione di cui al punto 1)»
La disciplina dei medi impianti di combustione come sopra definiti prevede che:
1. Siano autorizzati
2. Rispettino i valori limite di emissione e le prescrizioni di esercizio.
Si fa presente che per alcune tipologie di impianti di combustione (ad esempio: impianti di combustione alimentati a metano o a GPL) la soglia al di sotto della quale non era necessaria alcuna autorizzazione alle emissioni perché scarsamente rilevanti era di 3 MW (vedi parte I allegato IV alla parte V del D.lgs. 152/06).
Con il D.lgs. 183/17, anche gli impianti con potenza compresa tra 1 e 3 MW ora rientrano e devono essere autorizzati.
In presenza di più impianti di combustione in azienda le cui potenze singolarmente sono inferiori a 1 MW, ma che sommate superano tale soglia, tali impianti rientrano o meno nella disciplina dei medi impianti di combustione?
Al quesito risponde l’art. 273-bis, comma 8:
«Si considerano come un unico impianto, ai fini della determinazione della potenza termica nominale in base alla quale stabilire i valori limite di emissione, i medi impianti di combustione che sono localizzati nello stesso stabilimento e le cui emissioni risultano convogliate o convogliabili, sulla base di una valutazione delle condizioni tecniche svolta dalle autorità competenti, ad un solo punto di emissione. […] Non sono considerati, a tali fini, gli impianti di riserva che funzionano in sostituzione di altri impianti quando questi ultimi sono disattivati».
Per cui in presenza di più impianti di combustione, le singole potenze vanno sommate solo se le emissioni sono convogliabili o convogliate in un unico punto di emissione; se così non è, comunque è il caso di argomentare per giustificare l’esclusione dalla disciplina dei medi impianti.
Non tutti gli impianti di combustione rientrano nella definizione dell’art. 268, comma 1, lettera gg-bis): non vi è una classificazione solo in base alla potenza, ma esistono dei casi di impianti esclusi dalla disciplina dei medi impianti, e sono elencati al comma 10 dell’art. 273-bis introdotto dal Decreto 183/2017 (in particolare: a) impianti in cui i gas della combustione sono utilizzati per il riscaldamento diretto, l'essiccazione o qualsiasi altro trattamento degli oggetti o dei materiali; b) impianti di postcombustione; c) qualsiasi dispositivo tecnico usato per la propulsione di un veicolo, una nave, o un aeromobile; d) turbine a gas e motori a gas e diesel usati su piattaforme off-shore; e) impianti di combustione utilizzati per il riscaldamento a gas diretto degli spazi interni di uno stabilimento ai fini del miglioramento delle condizioni degli ambienti di lavoro; f) dispositivi di rigenerazione dei catalizzatori di cracking catalitico; g) dispositivi di conversione del solfuro di idrogeno in zolfo; h) reattori utilizzati nell'industria chimica; i) batterie di forni per il coke; l) cowpers degli altiforni; m) impianti di cremazione; n) medi impianti di combustione alimentati da combustibili di raffineria, per la produzione di energia nelle raffinerie di petrolio e gas; o) caldaie di recupero nelle installazioni di produzione della pasta di legno; p) impianti di combustione disciplinati dalle norme europee in materia di motori o combustione interna destinati all'installazione su macchine mobili non stradali; q) impianti di incenerimento o coincenerimento previsti al titolo III-bis alla Parte Quarta.)
Per ciascun nuovo impianto che rientra nella definizione di medio impianto di combustione dovrà essere presentata domanda di autorizzazione alle emissioni.
Cosa prevede invece il regime di adeguamento alle disposizione del decreto 183/2017 per gli stabilimenti dotati di un'autorizzazione prevista all'articolo 269 (ovvero autorizzazione ordinaria) in cui sono ubicati medi impianti di combustione esistenti (cioè messi in esercizio prima del 20 dicembre 2018 nel rispetto della normativa all'epoca vigente o previsti in una autorizzazione alle emissioni o in una autorizzazione unica ambientale o in una autorizzazione integrata ambientale che il gestore ha ottenuto o alla quale ha aderito prima del 19 dicembre 2017 a condizione che siano messi in esercizio entro il 20 dicembre 2018)?
È necessario provvedere con:
1. Un adeguamento di tipo TECNICO: a partire dal 1° gennaio 2025 per impianti di potenza termica nominale superiore a 5 MW e, in caso di impianti di potenza termica nominale pari o inferiore a 5 MW, a partire dal 1° gennaio 2030, i medi impianti di combustione esistenti sono soggetti ai valori limite di emissione individuati attraverso l’istruttoria autorizzativa. Fino a tali date si deve continuare a rispettare i valori limite o delle autorizzazioni in essere (se esistevano), o ai valori limite delle disposizioni regionali (per gli impianti di potenza tra 1 e 3 MW che prima non rientravano in regime autorizzativo).
2. Un adeguamento di tipo AMMINISTRATIVO: l’adeguamento tecnico dev’essere anticipato di almeno due anni, per cui va presentata domanda autorizzativa entro il 1° gennaio 2023 per impianti di potenza termica nominale superiore a 5 MW, e entro il 1° gennaio 2028 per impianti di potenza termica nominale pari o inferiore a 5 MW.
Entro i medesimi termini deve essere presentata:
a) la domanda di adesione all’autorizzazione di carattere generale in conformità dell’articolo 272, comma 3-bis, per gli stabilimenti in cui sono collocati medi impianti di combustione esistenti
b) la domande di autorizzazione degli stabilimenti, in cui sono ubicati medi impianti di combustione esistenti, che non erano soggetti all'obbligo di autorizzazione secondo la normativa vigente prima del 19 dicembre 2017 (impianti scarsamente rilevanti);
c) le domande di autorizzazione, ai sensi degli articoli 208 o 214, comma 7, degli stabilimenti in cui sono presenti medi impianti di combustione alimentati con le biomasse rifiuto;
d) le domande di rinnovo e riesame delle autorizzazioni integrate ambientali delle installazioni di cui alla Parte Seconda in cui sono ubicati medi impianti di combustione esistenti.
Negli ultimi due casi, tali domande sono sostituite da una semplice comunicazione in caso di autorizzazioni che già prescrivono valori limite e prescrizioni conformi alla nuova normativa.
Per le attività in deroga (per le quali si può utilizzare autorizzazione di carattere generale) la durata dell’autorizzazione è stata estesa a quindici anni dall’adesione. Almeno quarantacinque giorni prima della scadenza di tale periodo il gestore presenta una domanda di adesione all'autorizzazione generale vigente, corredata dai documenti prescritti.
Il decreto 183/2017 sostituisce inoltre il comma 4 dell’articolo 272 introducendo un divieto di adesione ad autorizzazione di carattere generale per tutti gli impianti o attività in cui siano utilizzate le sostanze o le miscele con indicazioni di pericolo H350, H340, H350i, H360D, H360F, H360FD, H360Df e H360Fd (ai sensi della normativa europea vigente in materia di classificazione, etichettatura e imballaggio delle sostanze e delle miscele).
Nel caso in cui, a seguito di una modifica della classificazione di una sostanza, uno o più impianti o attività ricompresi in autorizzazioni generali siano soggetti al divieto, il gestore deve presentare all'autorità competente, entro tre anni dalla modifica della classificazione, una domanda di autorizzazione ai sensi dell'articolo 269 (ovvero una domanda di autorizzazione ordinaria). In caso di mancata presentazione, lo stabilimento si considera in esercizio senza autorizzazione.
Ad esempio, la formaldeide risulta classificata cancerogena dal 1° gennaio 2016: se in un’azienda viene utilizzata formaldeide, ha tempo fino al 1° gennaio 2019 per passare all’autorizzazione ordinaria.
Mantenere sicuri gli ambienti di lavoro è un dovere oltre che un onere per il Datore di lavoro.
Cogli l’occasione di usufruire degli incentivi messi a disposizione dall’INAIL: con l’avviso pubblico ISI 2017 vengono stanziati circa 250 milioni di Euro a fondo perduto con lo scopo di aiutare gli imprenditori ad apportare modifiche atte al miglioramento della sicurezza.
La compilazione può essere effettuata dal 19 aprile 2018 fino alle ore 18.00 del giorno 31 maggio 2018 nella sezione “Servizi Online” del sito INAIL.
I fondi messi a disposizione dell’INAIL vengono suddivisi nei seguenti 5 assi di finanziamento:
ATTENZIONE: per gli Assi 1, 2, 3, 4 le imprese che hanno ottenuto l’ammissione al contributo per gli Avvisi Pubblici ISI 2014, 2015, 2016 o BANDO FIPIT 2014 non potranno inviare la domanda on-line. Per l’Asse 5 le imprese che hanno ottenuto l’ammissione al contributo per l’Avviso ISI Agricoltura 2016 non potranno inviare la domanda on-line.
Le spese ammesse a finanziamento devono essere riferite a progetti non realizzati e non in corso di realizzazione alla data del 31 maggio 2018.
In caso di ammissione al finanziamento, il progetto deve essere realizzato (e rendicontato) entro 365 giorni decorrenti dalla data di ricezione della comunicazione di esito positivo della verifica, fermo restando quanto stabilito dall’avviso con riferimento ai progetti che hanno inizio a partire dal 1° giugno 2018.
Il termine per la realizzazione del progetto (e per la rendicontazione) è prorogabile su richiesta motivata dell’impresa/ente per un periodo non superiore a sei mesi.
Per informazioni complete, scarica l’estratto dell’avviso pubblico Isi 2017 e il manuale per la compilazione e l’invio della domanda dal sito https://www.inail.it/cs/internet/attivita/prevenzione-e-sicurezza/agevolazioni-e-finanziamenti/incentivi-alle-imprese/bando-isi-2017.html
Dal momento che le tematiche ambientali costituiscono sempre più un'emergenza, ma anche dei parametri che caratterizzano e influenzano le scelte d'acquisto e lo stile di vita contemporaneo, le istituzioni stanno spingendo sempre più su modelli Green che mirano ad incentivare l'uso sostenibile delle risorse e la riduzione drastica degli impatti ambientali e sociali.
E' per questo motivo che le aziende potrebbero essere interessate a partecipare al Premio regionale compraverde Veneto - imprese, destinato alle aziende del settore tessile, legno, alimentare e della carta che si sono distinte nell’attuare modelli produttivi e gestionali improntati a criteri di sostenibilità ambientale, economica e sociale e che si sono particolarmente impegnate nello sviluppo di prodotti sostenibili.
Il premio non è di tipo pecuniario, ma prevede dei riconoscimenti: l'utilizzo del logo, la possibilità di ottenere punti aggiuntivi in caso di partecipazione a bandi pubblici, oppure la possibilità di partecipare a fiere particolari in cui evidenziare il logo della Regione Veneto.
La scadenza di presentazione della domanda è stata ulteriormente prorogata: dal 12/04/18 al 30/04/2018. La partecipazione è molto semplice: basta compilare la modulistica predisposta ed allegare una relazione in cui dimostrare che nel triennio 2014 - 2015 - 2016 sono state ottenute migliorie ambientali (ad esempio: risparmi energetici, riduzione quantità di rifiuti prodotti, riduzione dei consumi d’acqua); il possesso di certificazioni ambientali o di prodotto va ad aumentare il punteggio.
Le modalità di presentazione della domanda di partecipazione, la documentazione e la relativa modulistica sono state pubblicate sul sito della Regione del Veneto www.regione.veneto.it all’interno del link “Bandi, Avvisi e Concorsi” (vedi allegati di cui sotto).
È possibile spedire la documentazione all’indirizzo di posta elettronica certificata acquistiaaggpatrimonio@regione.veneto.it oppure a mezzo posta alla Direzione Acquisti AA.GG. e Patrimonio della Regione del Veneto, Palazzo della Regione, Cannaregio 23 – 31021 Venezia; in tal caso farà fede il timbro postale o attestazione del corriere.
Rispettare le distanze di sicurezza negli ambienti di lavoro è fondamentale per impedire il contatto dei lavoratori con gli organi in movimento dei macchinari e quindi per prevenire gravi infortuni.
Per aiutare nella scelta della minima distanza alla quale deve essere installata una struttura di protezione, proponiamo in allegato un breve opuscolo realizzato da “Suva” (agenzia svizzera per l’assicurazione e la prevenzione degli infortuni) contenente le distanze di sicurezza più importanti da rispettare, conformi alle norme EN 349 e EN ISO 13857. L’opuscolo è rivolto a costruttori, progettisti, datori di lavoro, professionisti ed operatori della sicurezza.
“Suva” ricorda che nell’effettuare la scelta si deve tener conto delle parti del corpo che possono raggiungere gli elementi pericolosi e in alcuni casi del livello di rischio.
Nello specifico, la guida tratta:
- Distanze di sicurezza nell’accesso attraverso aperture
- Distanze di sicurezza nell’accesso oltre strutture di protezione (ad es.: recinzioni protettive)
- Distanze di sicurezza per pericoli in altezza
- Spazi minimi per evitare lo schiacciamento di parti del corpo
Con la sentenza della Cassazione Penale, sez. 4 del 10/06/16, è chiaro che la normativa antinfortunistica si sta evolvendo da un modello iperprotettivo, in cui il datore di lavoro ha l’obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori, a un modello collaborativo, dove gli obblighi sono ripartiti tra tutti, compresi i lavoratori.
Si invita a scaricare l'allegato per approfondire l'argomento.
Data la complessità delle normative che disciplinano gli impianti di climatizzazione invernale ed estiva degli edifici, con la presente informativa si vuole supportare le aziende nel valutare la conformità dei propri impianti termici.
Il questionario in allegato è un riassunto dei principali punti normativi da rispettare e può essere utilizzato come check-list per valutare la corretta installazione, gestione e manutenzione di ciascuno dei propri impianti termici, in modo da intervenire qualora si rilevino non conformità rispetto a quanto richiesto dalla legge.
Si segnala che la Regione Veneto ha messo a disposizione 5 milioni di euro per le PMI che intendono procedere, con acquisto o leasing, ad investimenti in macchinari, impianti produttivi, hardware e attrezzature tecnologiche per la fabbricazione digitale, nuovi di fabbrica, e per il sostegno all’accompagnamento dei processi di riorganizzazione e ristrutturazione aziendale.
Il contributo è pari al 45% delle spese ammesse per progetti del valore minimo di 15.000 e massimo di 150.000 euro.
Le domande possono essere presentate a partire dal 18 ottobre.
Si invita a scaricare il pdf in allegato per maggiori dettagli.
Control Chem offre supporto ai propri Clienti nello sviluppo di Sistemi di Gestione della Sicurezza (SGS) ai sensi dello standard UNI EN ISO 45001:18 attraverso un servizio completo di consulenza e di auditing. Lo scopo è quello di sostenere le Aziende nel processo di prevenzione e miglioramento della sicurezza negli ambienti di lavoro e al contempo di permettere loro di accedere alle agevolazioni fiscali promosse ogni anno dall'INAIL.
NON E' OBBLIGATORIO che il Sistema di Gestione della Sicurezza sia certificato, purché chiaramente si dia evidenza della sua attuazione e del suo mantenimento nel corso dell'anno.
Si invita a scaricare i documenti in allegato per maggiori approfondimenti.
Control Chem offre un servizio di consulenza e di auditing per supportare le aziende nello sviluppo di Sistemi di Gestione Ambientale (SGA) ai sensi della norma ISO 14001:2015. I vantaggi nell’implementazione di un SGA in un’azienda possono essere molteplici:
In merito a quest’ultimo punto, la recente Legge n.68 in vigore dal 29/05/2015 introduce importanti novità in materia ambientale estendendo ed integrando il novero dei reati presupposto della persona giuridica ai sensi del D. Lgs. 231/01 a nuova fattispecie di reati: inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono illecito di materiale ad alta radioattività, impedimento al controllo e omessa bonifica [*].
Ciò comporta che gli adempienti ambientali non si limitino più solamente ad adempimenti legislativi meramente “burocratici” (come il rinnovo dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera, il rispetto scadenze analisi aria-acqua-rifiuti, ecc.), ma anche e soprattutto alla protezione del bene ambientale con attività di prevenzione e protezione (analogamente a quanto già in atto nel mondo della sicurezza). Fondamentale diventa il concetto del “Risk Assessment”, cioè una reale valutazione del rischio individuando le fonti di pericolo e valutando il rischio di fenomeni di inquinamento/disastro ambientale. La dimostrazione di aver operato in tal senso crea una valida forma di esimente di reato. In questo contesto, un SGA correttamente implementato ed attuato, diventa un ottimo strumento per prevenire, controllare e minimizzare i rischi per l’ambiente e di commissione di reato.